La Storia

La Confraternita

La Confraternita del Baccalà Mantecato è nata nel 2001, quando è stata presentata al pubblico in occasione di una solenne cerimonia alla Scuola Grande San Giovanni Evangelista (Venezia). È stata rifondata nel 2003 con una più precisa struttura organizzativa. La Confraternita è formata da tutti gli associati che hanno volontà e piacere di aderire ed è governata da un Consiglio dei Dieci o Consiglio dei Savi dal nome dei loro componenti, presieduto da un Doge. Il Doge che attualmente presiede il Consiglio è Maurizio Scarpa.

Per legare il mondo degli appassionati del baccalà mantecato al mondo di chi lo propone, la Confraternita assegna il titolo di Ristorante Raccomandato a tutti i ristoranti che, accettando il disciplinare della Confraternita, ne rispecchia la tradizionale preparazione del mantecato.

Il miracolo del pesce venuto dal nord

Non è stato l’intuito culinario di un esperto gastronomo a portare i raffinati sapori del baccalà mantecato sulle nostre tavole, ma una tempesta di mare imponente e furiosa tra le acque del mare di Norvegia.

Pietro Querini, patrizio veneto e feudatario in Candia, partito dall’isola nell’aprile 1431 con un carico di pregiato vino malvasia e altre mercanzie destinate al commercio con le Fiandre, fu il primo veneziano a gustare lo stoccafisso. Degustazione più che obbligatoria…

Infatti l’infelice e sventurata coca Querina, superata Gibilterra, dopo breve sosta a Lisbona e a Muros, sorpresa da un fortunale presso l’isola d’Ouessant viene spinta al largo dell’Irlanda. Solo il 17 dicembre si decise di abbandonare la nave ormai ridotta a relitto e dividere marinai e gli scarsi viveri su una scialuppa e una lancia.

Della prima non si avranno più notizie; la lancia, sulla quale si era imbarcato il Querini con quarantasette marinai proseguì il suo viaggio in balia delle onde, sino a raggiungere l’isoletta deserta di Sandoy, nell’arcipelago delle Lofoten (Norvegia), oltre il Circolo Polare Artico.

Oramai ridotti a una decina, i naufraghi furono soccorsi, dopo undici giorni, dai generosi abitanti della vicina isola di Rost, che li accolsero nelle loro abitazioni e divisero con loro lo scarso cibo a disposizione.

Riuscirono a ripartire solo il 15 maggio 1432, diretti come i pescatori nativi all’attivissimo e strategico porto di Bergen, tradizionalmente fondata nel 1070 da Olaf Kyrre figlio di Harald III di Norvegia, ma certamente ben più antica. Anche a loro fu data una provvista di ben sessanta stoccafissi, che vendettero per pagarsi il viaggio di ritorno nell’amata Venezia, raggiunta solo il 12 ottobre.

Ci vorranno però ancora decine d’anni prima che questo insolito pesce giunga in consistenti quantitativi nelle lagune, tale da imporsi sulle tavole dei ceti sociali meno abbienti.

È allo storico Alberto Tenenti che dobbiamo la scoperta, tra le inesauribili carte conservate nell’Archivio di Stato di Venezia, del mercante fiammingo Marco Manart, quale primo importatore privilegiato dei bacaladi a Venezia per via mare.

All’inizio del 1596 il nostro mercante aveva inviato una supplica al Senato per ottenere una riduzione sui vari dazi per l’importazione a Venezia, via mare da Ponente, di una mercantia mai prima pervenuta, ma già commerciata, per via di terra, nelle vicine località di Trento, Bolzano e Villach.

Dopo avere, come d’uso, consultato i Cinque Savi alla Mercanzia, magistratura competente in materia, il Senato dispose di concedere al fiammingo, e a lui solo, la riduzione al solo 3% di tutti i dazi (intrada, insida, transito, muda) per un quinquennio, sollecitandolo a rivelare la natura di questa mercantia. Il Manart prontamente specifica trattarsi del pesce chiamato stocvis e pure dell’olio ricavato dalla carne di balena, e di altre tipologie ittiche non precisate, ricevendo la definitiva approvazione senatoriale il 17 ottobre 1597.

Trascorsi i cinque anni, il Manart richiese un’ulteriore proroga quinquennale delle esenzioni daziarie che gli fu concessa in data 23 agosto 1602.

Nondimeno, poco prima della scadenza del prolungamento, il Marnart mori il 30 giugno 1607, nella parrocchia di San Giacomo dell’Orio, all’età di 49 anni, dopo essere stato malato per due mesi di febre maligna. L’importazione dei bacaladi, tornò a essere sottoposta ai dazi previsti, come quelli per gli altri pesci detti del Ponente, ed ebbe un notevole incremento proprio nei primi anni del XVII secolo, anche in virtù dell’obbligo, per gli importatori, a destinare e vendere la metà del carico esclusivamente all’arte dei salumieri veneziani.